lunedì 18 dicembre 2017

DOMANDA (E RISPOSTA MIA): LETTERA DI PRESENTAZIONE PROFESSIONALE O LETTERA DI PRESENTAZIONE “PASSIONALE” (NEL SENSO DEGLI IDEALI)

La domanda arriva da Federica (il nome è di fantasia) che si è laureata da poco in Ingegneria (una delle tante branche  …..)  e riguarda la lettera di presentazione.

Considerando che cercando lavoro Federica si rivolge ad altri ingegneri o, diciamo, tecnici. ha scritto una prima lettera (per comodità chiamiamola “lettera professionale”) molto formale, centrata sulla sua formazione, diciamo impersonale e pensata per una mentalità 'quadrata', come quella (immagino io) di un ingegnere. Federica ha poi scritto una seconda versione (sempre per comodità questa la chiamiamo “lettera passionale), dove dichiara la sua 'passione per i temi della green economy, dall’eolico al fotovoltaico, ma le è poi sorto il dubbio che una lettera di presentazione così impostata possa farla passare, agli occhi dell'occhialuto e serio ingegnere, per un'ambientalista scatenata, che non vorrà mai mettersi in casa. Da qui la DOMANDA: meglio la lettera professionale o quella “passionale”.

RISPOSTA

1. La“lettera professionale” – Se Federica si rivolge a società medio grandi non è detto che il suo CV arrivi immediatamente sulla scrivania di un Ingegnere. Più probabilmente finisce su quella di un/una responsabile della Direzione del Personale (altrimenti detta Direzione HR, Direzione Risorse Umane), magari laureato/a in Scienze Politiche (o in Chimica, Lettere Antiche, Psicologia, in HR si trovano le più svariate tipologie di neolaureati) che magari è anche la persona che fa la prima scrematura dei CV e il primo colloquio di selezione. Una lettera solo professionale potrebbe finire per risultare troppo lunga e troppo noiosa se non conoscete il destinatario che magari ha un percorso professionale diverso dal vostro.  

2. La “lettera passionale” – Potrebbe andare bene se Federica la inviasse a una Onlus o a una ONG. Io personalmente rimarrei alquanto perplesso se un neolaureato in giurisprudenza mi scrivesse che vuole lavorare nella mia società per“mettere in pratica i principi di certezza del diritto e di giustizia del contratto auspicati da Francesco Galgano”. “No ragazzo, per carità anch'io apprezzo il Galgano, ma non hai capito, qui noi non vendiamo principi ma vendiamo macchine utensili/caramelle/lavatrici”. 
Estremizzo ovviamente, perché tanto la singola persona che la società devono muoversi  nel rispetto della normativa di riferimento, tanto più oggi dopo l’introduzione del D.Lgs. 231 in materia di responsabilità amministrativa delle imprese e soprattutto con la sempre  maggior diffusione dei concetti di sostenibilità e di Corporate Social Responsibility, intesi come rispetto di principi etici a prescindere dagli obblighi di legge. 

Resta per altro il fatto che, volendo entrare in una società bisogna aver ben chiaro la domanda e la risposta qui di seguito proposte, che rappresentano pur sempre il principale driver di una impresa: “The name of the game? To make money” (sempre nel rispetto delle leggi e dei codici etici che la società si è data).

Considerato che nella lettera di presentazione si può e si deve uscire dalla scansione quasi obbligata che ritroviamo nei CV, a mio parere la lettera dovrebbe essere professionale (senza eccedere …) ma anche personale, nel senso che come i lettori affezionati, prima del mio libro e poi di questo blog, ormai sanno, non si assume (solo) un cursus honorum, un voto, degli esami sostenuti, ma anche un cervello e una personalità. Non ho visto il CV di Federica, ma nelle lettere di presentazione (le due versioni) non riesco neppure a intuire chi è Federica., ma vedo solo l'Ingegnere....

In una lettera di presentazione ci sono due “fil rouge” da evidenziare (ovviamente se è possibile, se ci sono a monte i contenuti): un fil rouge delle conoscenze (percorso universitario + stage / master  congruente con il percorso universitario), e un fil rouge delle competenze e delle abilità personali tali da far intravedere degli skills personali e caratteriali maturati al di fuori dell’Università (e penso  alle esperienze extra-professionali: per esempio  associazionismo, attività agonistiche sportive, lavori a contatto con il pubblico), così da dare una qualche sostanza alle pretese di essere problem solving oriented, di possedere capacità relazionali e simili, ovvero di tutte quelle qualità che di solito, sul posto di lavoro, ti permettono di applicare le conoscenze che hai acquisito in università (il binomio ottimale conoscenze + competenze).

© marco bianchi – riproduzione riservata

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sabato 16 dicembre 2017

DOMANDA (VOSTRA) E RISPOSTA (MIA): QUANTO CONTA L'ETÀ SU DI UN CV DI UN NEOLAUREATO?

DOMANDA: Quanto conta quindi l'età su di un CV? La domanda è di Giovanni (nome di fantasia) che, se capisco bene, conta di affacciarsi sul mondo del lavoro a 28 anni, per i motivi che vedremo.  

RISPOSTA: L’età conta, ma quello che realmente è importante per il selezionatore / la selezionatrice è la storia che sta dietro all’età del candidato. Vediamo le possibilità:  

NEOLAUREATO/A IN CORSO: Qui tutto sembra semplice e trasparente, e probabilmente lo è. Si può dare per scontato che Il/la candidata non abbia perso tempo in Università, il che può dare al selezionatore l’impressione / la speranza che il titolare del CV sia  una persona determinata e che si è data delle priorità. Poi  durante il  colloquio il selezionatore va a verificare se la speranza è fondata. Se ci si è laureati in corso ma con una votazione molto bassa c’è il rischio concreto che il selezionatore/la selezionatrice si spoetizzino… Situazione ideale, per il/la selezionatore/selezionatrice (salvo verifica durante il colloquio): neolaureato/a in corso che appena dopo essersi laureato ha fatto un tirocinio coerente con il suo excursus universitario e il suo percorso professionale.
NEOLAUREATO/A FUORI CORSO: Qui bisogna capire il perché. Le motivazioni più comuni sono le seguenti:
·         NEOLAUREATO/A FUORI CORSO - STUDENTE LAVORATORE: Se la votazione di laurea è comunque buona, per me si è sempre trattato di candidati potenzialmente interessanti. Preciso che per “studente lavoratore” intendo una persona che abbia fatto anche più lavori, più o meno precari, ma in maniera ragionevolmente continuativa (non l’animatore turistico per un mese all'anno). Qui la speranza del selezionatore è quella di trovarsi di fronte un candidato che abbia conoscenze (quello che ha imparato all'Università) e competenze (ovvero la consapevolezza delle dinamiche proprie del mondo del lavoro). Il massimo è quando le attività lavorative sono immediatamente funzionali / in linea con il percorso universitario del candidato e con il profilo professionale che il  selezionatore sta ricercando: se il colloquio non provoca dubbi il selezionatore può convincersi che il/la candidato/a sono pronti a lavorare in maniera produttiva e efficace fin dal primo giorno.
·         NEOLAUREATO/A FUORI CORSO: Fuori corso, punto e basta? Questo è un problema. Se sei fuori corso di un anno, forse no. Ma se sei fuori corso di quattro anni, con tutta la concorrenza che c’è in giro, allora sì che è un problema.
NEOLAUREATO/A CHE HA FATTO ULTERIORI ESPERIENZE FORMATIVE POST LAUREA: Prendiamo il caso raccontatomi da Giovanni. 28 anni, una triennale e una magistrale (ambiti “confinanti”), uno stage a Ginevra perfettamente compatibile con la seconda laurea e tre lingue. Non male, a prescindere dall'età. Quello che è apprezzabile qui è la coerenza del percorso formativo e l’accumulo di conoscenze (più lo stage “giusto” al di fuori dell’Italia e le lingue). Poi tutto dipende dalla personalità e dal carattere del/della candidato/a e un po’ dalla fortuna durante il colloquio di selezione, e dal profilo che il selezionatore sta cercando. Non direi la stessa cosa se le esperienze formative post laurea fossero le più disparate (gli esempi sono tratti dalla mia esperienza di selezionatore di  laureati in giurisprudenza: tre mesi a Pechino sui contratti Internazionali, corso di preparazione all'esame per diventare notaio, quattro mesi a Londra per studiare Inglese, un mese a Bruxelles per un corso sui diritti umani …). Qui non c’è nessuna coerenza ma solo il tentativo di rimanere studente a vita ….. Pollice verso.
Quando l’età (o meglio avere 28 anni) può costituire un problema? Per quei casi in cui è il potenziale datore di lavoro a utilizzarla come scriminante (“Cerchiamo neolaureati con 110 e lode, perfetta conoscenza dell’Inglese, max 24 anni”).
CONCLUSIONE: Età, voto di laurea, esperienze professionali, esperienze extra professionali, carattere, personalità, modo di presentarsi, normalmente sono tutti elementi di una valutazione complessiva del candidato.

© marco bianchi – riproduzione riservata

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lunedì 11 dicembre 2017

DOMANDA: MA FACCIO UNA TESI DI RICERCA O UNA TESI CURRICULARE?

La domanda arriva da un universitario ormai prossimo a terminare il suo percorso in Università (non un neolaureato ma un quasi laureato) che, scegliendo una tesi di ricerca finirebbe fuori corso.
Premetto che quando mi sono laureato io la differenza tra tesi di ricerca e tesi curriculare non esisteva, c’era la tesi e basta. Mi sembra comunque utile tentare di dare una risposta, o magari solo un’opinione.

La risposta, almeno dal mio punto di vista, è semplice: la scelta non deve essere guidata tanto o soltanto da quello che mi piace ma dalla utilità potenziale della tesi in relazione al tipo di attività professionale a cui spero di potermi dedicare dopo essermi laureato. Mi rendo conto che per un laureando una tesi di ricerca può apparire più sfidante e più interessante di una mera tesi compilativa ma è utile a chi? Al laureando che si sbatte per un anno a ricercare o per il professore che ha identificato l’argomento da ricercare sulla base dei suoi personali interessi o in vista del futuro libro che pensa di scrivere.

E’ impossibile generalizzare ma in un colloquio di selezione personalmente preferirei vedere che il candidato che ho di fronte ha fatto una tesi, seppur compilativa, su un argomento che riguarda il lavoro che facciamo da noi, piuttosto che una tesi magari molto profonda su un qualcosa che nell'immediato e per il prossimo prevedibile futuro è completamente scollegata con il posto di lavoro per cui si è presentato il candidato.

Aggiungo che spesso è abbastanza difficile scegliersi l’argomento della tesi. Però per capire quanto l’argomento propostoci possa essere utile “dopo” proviamo a immaginare che la tesi sia un libro e domandiamoci quanti potrebbero essere i potenziali lettori: cinque in tutto perché l’argomento è molto di nicchia o molti di più? Se proprio devo dedicarmici preferirei la seconda ipotesi (ammesso che io sia nella posizione di scegliere / di poter dire la mia nella scelta della tesi).

E poi bisogna considerare i tempi necessari per completare la tesi (il fuoricorso …), il punteggio che possiamo sperare di ottenere, il nostro interesse per l’argomento (al di là della necessaria utilità per il futuro auspicabilmente lavorativo, perché anche fare una tesi su un argomento utile ma noioso è difficile e via discorrendo ….).

© Marco Bianchi - riproduzione riservata Dicembre 2017

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domenica 10 dicembre 2017

LA LETTERA DI ACCOMPAGNAMENTO: A COSA SERVE? (I)

Quando si riemerge dall’ebbrezza (virtuale ma a volte proprio si tratta di ebbrezza alcolica) e ci si interroga su come trovare un lavoro (ma ormai sempre di più si inizia a pensarci già  prima della laurea). E allora iniziamo a prepararci un CV. Se vogliamo fare alla svelta usiamo il formato Europass (appiattisce, intristisce e confonde chi cerca di leggerlo ma almeno lo si compila velocemente ….. ),  se vogliamo essere efficaci, cercare di comunicare con quelli che stanno li fuori e differenziarti da tutti gli altri che – più o meno -  hanno un “passato” non tanto diverso dal nostro ci mettiamo a confezionare un Curriculum ad hoc e ci mettiamo del tempo.
E si fa fatica a fare un CV personalizzato, cesellato, breve ma non troppo breve. E quando arrivi alla fine ti dici “Bene ho finito e mi rilasso”.
Mica vero. Bene il CV ma bisognerebbe pensare anche alla lettera di accompagnamento. Ma non basterebbe mandare due righe del tipo “beccatevi il mio CV e se vi interessa chiamatemi”? NO

A COSA SERVE LA LETTERA DI ACCOMPAGNAMENTO

La lettera di accompagnamento ha diversi scopi:
·         Ti permette di richiamare l’attenzione su alcuni punti del tuo CV che ti sembrano particolarmente importanti (“Durante il periodo universitario, allo scopo di garantirmi una qualche indipendenza economica dalla mia famiglia, ho fatto l'animatore turistico in diversi villaggi vacanze / la hostess per diverse società che organizzavano eventi")
·         Ti permette (ammesso che così sia accaduto) di evidenziare la coerenza del percorso formativo che hai seguito (“Come potrete vedere dal mio CV ho cercato di approfondire il mio interesse per <inserisci il settore / la materia in cui hai cercato di specializzarti> a cui ho dedicato la mia tesi di laurea ed il tirocinio curriculare che ho svolto presso la <Società XXX> dove ho iniziato ad applicare le conoscenze acquisite in Università>
·         Ti permette di menzionare delle capacità personali e relazionali che ritieni di avere, collegandole e motivandole con una qualche attività extra-professionale che hai fatto “Da un punto di vista più operativo ritengo che la mia attività con l’Associazione ZZZ mi abbia aiutato ad acquisire non soltanto la capacità di relazionarmi con gli altri in un ambiente di lavoro, ma anche un orientamento al confronto con le idee altrui ed alla ricerca di soluzioni ai problemi che ci si presentavano di volta in volta nell’organizzare le iniziative della ZZZ”.
·         Ti permette di spiegare perché hai risposto proprio quell’annuncio e non ad un altro e perché ritieni che il tuo CV contenga dei “plus” (i “plus” di un neolaureato …) rispetto a quello che stanno cercando (“L’attività che ormai svolgo da alcuni anni con la Associazione ZZZ mi ha infatti consentito di confrontarmi con personale <zz>, così da rendermi direttamente conto delle esigenze degli operatori del settore nonché delle normative per la tutela della sicurezza e più in generale di iniziare a farmi un’idea in merito al funzionamento del settore <zzz>”

Nei prossimi post cercherò di spiegare come si scrive una lettera di accompagnamento. Comunque su "Mi sono laureato! E adesso? N.2 La ricerca continua Manuale di sopravvivenza per neolaureati alla ricerca del primo lavoro; Curriculum Vitae, Master, Tirocini e colloqui di selezione” ho dedicato il capitolo 3.4 alla lettera di accompagnamento, e ho inserito degli esempi (in italiano e in inglese) al capitolo 6.2. 
© Marco Bianchi riproduzione riservata Dicembre 2017

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COLLOQUIO DI SELEZIONE: ISTRUZIONI PER L'USO

Ti hanno convocato per un colloquio di selezione! Adesso la concorrenza si fa dura perché il selezionatore / la selezionatrice probabilmente hanno convocato non solo te ma anche un ristretto gruppo di altri neolaureati sopravvissuti alla prima scrematura della pila di CV di neolaureati.

Come ci si prepara ad un colloquio di selezione? Ovviamente dobbiamo rileggere criticamente il nostro CV, e se già non ne siamo consapevoli identificarne i punti di debolezza, o quantomeno quelli che il selezionatore / la selezionatrice potrebbero considerare tali. Poi dobbiamo cercare di informarci il più possibile sul nostro potenziale datore di lavoro, tanto più se si tratta di un’azienda privata (in quale settore merceologico opera / su quali mercati / con quali prodotti/servizi / che dimensioni ha (fatturato/dipendenti) / chi sono i principali concorrenti).

E non basta dare un’occhiata all’eventuale sito web del potenziale datore di lavoro.  Fatto vero: il candidato per spiegare come era arrivato alla società per cui lavoravo allora ci aveva spiegato che aveva apprezzato il sito web della nostra società. La (un po’ perfida) collega della Direzione del Personale chiese “Davvero, e che cosa l’ha colpito dl nostro sito Web?”. Nessuna risposta se non il silenzio del candidato. Il colloquio, che già non andava benissimo finì rapidamente …

Dress Code ovvero come mi vesto? Eviterei di mettere il vestito indossato al matrimonio di tua cugina o arrivare con la tuta che hai messo per andare in palestra. Poi molto dipende da chi vai: se dovessi andare in una società medio grande o addirittura in una multinazionale tradizionale io metterei giacca e cravatta. Il colloquio è con una software house o con una start-up di successo? Probabilmente casual e comunque lascerei a casa la cravatta. Ti chiami Sergio e di cognome fai Marchionne? Mettiti pure un maglioncino nero che hai comprato su Internet.

Quanto dura un colloquio di selezione? Impossibile dirlo, probabilmente dipende anche dal tempo a disposizione del selezionatore / della selezionatrice e da quanti potenziali candidati devono ancora intervistare. In generale, e semplificando, ci sono due possibilità: il colloquio è relativamente breve, il selezionatore / la selezionatrice non sembrano particolarmente aggressivi, e quando esci pensi “Boh, pensavo che sarebbe stato più stressante”. La seconda possibilità è l’esatto contrario. Molte domande, alcune anche aggressive o che assomigliano a trappoloni, tanto che esci stressato dal colloquio. Concedendo il dovuto alle generalizzazioni, di solito nel secondo caso ti è andata meglio. Se ti hanno fatto tante domande e ci hanno dedicato del tempo di solito significa che gli sei sembrato un candidato interessante.

Con chi fai il colloquio? Società piccola, media o grande? Studio professionale? Se il potenziale datore di lavoro è una PMI fai il colloquio con il tuo potenziale capo. Altrimenti ti toccano un selezionatore della Direzione del Personale e quello che potrebbe essere il tuo potenziale capo da soli o in coppia.

Quali domande ti fanno? Non è possibile una generalizzazione assoluta perché ogni selezionatore ha il suo metodo, le sue preferenze e le sue idiosincrasie, comunque alcune domande capitano più spesso di altre.

1. Selezionatore esterno / selezionatore della Direzione del Personale (Human Resources)
A meno che la selezione non riguardi un candidato da inserire nella Direzione Personale, ovviamente il selezionatore di solito non ha le competenze tecniche per valutare professionalmente il candidato / per illustrare, se non genericamente, le attività della unità organizzativa dove il candidato dovrebbe essere inserito e quindi si concentrerà (i) sull'approfondimento di quello che hai scritto sul CV, e (ii) sulle tue caratteristiche personali (magari con aggiunta di un pizzico di test  psico-attitudinali),  ovvero:
(i) percorso universitario: perché hai scelto proprio quella facoltà, quanto tempo ci hai messo a laurearti (fuori corso? come mai, ma di solito te lo chiedono solo se sei andato parecchio fuori corso), l'esame con il voto migliore e quello con il voto peggiore, titolo della tesi di laurea (e perché proprio quella tesi?);
(ii) esperienze professionali: dove, quando, per quanto tempo. Se hai fatto il pizzaiolo il selezionatore o la hostess può essere che non ti chieda niente, ma se hai lavorato per un'azienda, e non l'hai già scritto sul CV (non l'hai fatto? errore), ti chiedono tipo di attività, fatturato, numero di dipendenti, compiti che hai svolto, chi era il tuo capo, con chi interagivi (altri dipendenti o clienti, fornitori, agenti ecc.), quattrini.
(iii) esperienze formative: probabilmente il selezionatore del personale si incuriosisce soltanto se riconosce un percorso formativo eccentrico al tuo percorso universitario. Se inizi a parlargli del seminario sulle "nanotecnologie applicate agli strumenti di controllo dei processi di fusione a bassa temperatura" il selezionatore sbarra gli occhi e ti guarda con occhi a palla.

1. Le domande che ti fa il tuo possibile capo
Cerchiamo di vedere quali potrebbero essere le domande della persona che dirige l'Ufficio / il Dipartimento dove inizierà a lavorare il candidato prescelto (quello che potrebbe essere, se sei tu il/la prescelto/a, il tuo "capo").

A differenza del selezionatore della Direzione del Personale, il potenziale "capo" è sì interessato al tuo percorso universitario ma anche a capire chi "si porta in casa", i.e. al tuo carattere ed alla tua personalità.  Quindi:
Si comincia comunque con le solite domande sul tuo percorso universitario: perché hai scelto quella tesi, come mai sei finito fuori corso, magari qual è l'esame che più ti ha appassionato e quello che invece è risultato per te più difficile. Se ci sono delle apparenti contraddizioni nel tuo percorso formativo (tesi in diritto della concorrenza dell'Unione Europea e Master post-laurea in Diritto Penale, che con l'antitrust non ha niente a che vedere) preparati a cercare di spiegarle.

Si prosegue poi con domande del tipo
(i) Come si immagina fra cinque anni / cosa farà da grande: Qualunque sia la vostra aspirazione occhio a non dare una risposta incongrua rispetto alla posizione per cui vi hanno convocati. Diversi anni fa, quando stavo selezionando un neolaureato per l'Ufficio Legale della società per cui lavoravo, un neolaureato mi ha risposto "tra cinque anni? Vorrei fare il Magistrato. (Pensiero incupito "bravo ma allora perché sei qua a farmi perdere tempo? Cos'è, dopo che mi sono sbattuto ad insegnarti il mestiere prendi e vai a fare tutt'altro? Eliminato")
(ii) Perché ha mandato il CV alla nostra società? Evitiamo di dire quella che spesso è la verità, ovvero "ne ho mandati circa 200 e quindi...".
(iii Che cosa le dà fastidio?: Ovviamente il povero selezionatore sta cercando di capire che tipo sei ....
(iv) Mi dica tre suoi difetti e tre sue doti: Normalmente quando facevo questa domanda i neolaureati di fronte a me facevano scena muta, al massimo riuscivano a tirar fuori un difetto (se poi mi spiegavano che erano "un po' permalosi" la cosa mi inquietava assai...)
(iv) E’ una persona creativa?   Altra mia domanda standard. Come mai questa domanda? Molto semplice. Nel mondo del lavoro non è come in Università dove qualcun altro fissa un percorso per te, ti dice cosa leggere ecc. Decodificata la domanda vera è "sei un mero esecutore di direttive altrui oppure fai funzionare il cervello e ci metti, con prudenza ed intelligenza, anche del tuo, un po' di autonomia..."
(v) Inglese: Occhio ragazzi che se nel CV avete scritto che parlate / scrivete l'inglese benissimo, e sempre che la posizione ricercata comporti l 'uso quotidiano dell'Inglese, c'è il rischio che ad un certo punto vi chiedano di continuare il colloquio in Inglese….
(vi) Hobby: Di nuovo il dubbio amletico del selezionatore. Ma chi è veramente la persona che ho davanti …. Che cosa fa nel tempo libero, quali sono i suoi interessi, comunica con gli altri o no e via discorrendo.

Last but not least RICORDATEVI CHE IL COLLOQUIO DI SELEZIONE NON E' UN ESAME: LE DOMANDE DOVETE FARLE ANCHE VOI. Mettetevi di fronte allo specchio e provate ad immaginare che le domande che dovreste fare al selezionatore (e se ritrovate momentaneamente disconnessi andate al paragrafo del mio libro…)   

Quelli sopra indicati sono solo degli esempi. Ne trovi altri (tanto delle possibili domande che fanno a te quanto quelle che tu dovresti far a loro) su "Mi sono laureato! E adesso? N.2 La ricerca continua Manuale di sopravvivenza per neolaureati alla ricerca del primo lavoro; Curriculum Vitae, Master, Tirocini e colloqui di selezione” (Cap.5).

© marco bianchi – riproduzione riservata Dicembre 2017

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giovedì 7 dicembre 2017

CHE COS'E' LA RAL? E PERCHE' DOVREBBE INTERESSARE UN NEOLAUREATO?

Ho incontrato per la prima volta la RAL quando, dopo essermi laureato, sono riuscito ad agguantare il mio primo lavoro (almeno il primo post-laurea). La trafila era stata la solita, invio del CV, colloqui di selezione (più d’uno…) e si era arrivati al dunque. 

Giunto all'ultimo colloquio mi sono azzardato a fare “la domanda”, quella che non avevo fatto nel primo colloquio per non apparire troppo supponente: “Ma quanto prenderò di stipendio?”, e io ovviamente pensavo a quello che mi sarei trovato in tasca a fine mese. Il selezionatore mi ha risposto parlandomi della RAL (poi ho capito che tutti i selezionatori e più in generale la Direzione  del Personale delle aziende ragionano in termini di RAL. E che cosa è la RAL? La RAL è lo stipendio annuo LORDO che il vostro datore di lavoro vi paga (assumendo che siate riusciti a vincere la concorrenza di tutti gli altri neo-laureati ed agguantare un posto di lavoro a tempo indeterminato o determinato). In dettaglio la RAL comprende:

Minimo contrattuale: definito dai contratti collettivi di categoria (CCNL) in base al livello di inquadramento aziendale. Per esempio dove lavoravo io (CCNL Metalmeccanici): quinto > sesto> sesto professionale> settimo livello> quadro> dirigente)
Scatti di anzianità: è un importo fisso determinato come da CCNL. Dopo un tot di anni ti danno in automatico un aumento (poca roba non c'è da gasarsi)
Indennità di contingenza: è un importo fisso determinato come da CCNL e in base al livello di inquadramento aziendale
Superminimo: importo non da CCNL ma personalizzato. E’ un importo in più che ti danno i funzione delle tue competenze professionali e dell’esperienza pregressa (se vogliono dartelo, ma disolito qusto non accade per i neolaureati) in aggiunta al Minimo contrattuale. Ovviamente mentre il Minimo Contrattuale è uguale per tutti quelli che sono inquadrati al medesimo livello il Superminimo è “ad personam”.

Volendo essere precisi c’è almeno un’altra voce che influisce positivamente sull'importo della RAL: gli straordinari.

Sommando gli importi dei singoli elementi si arriva alla RAL. Attenzione è la retribuzione LORDA e bisogna dedurre i contributi previdenziali (la pensione!) inclusivi della la quota per il TFR (trattamento di fine rapporto, e quelli erariali (le tasse comunali, regionali, statali) che il datore di lavoro paga per conto del dipendente (quindi a te arrivano meno quattrini suddivisi in singole mensilità). Se hai moglie e figli hai diritto a delle detrazioni sull'importo dei contributi erariali
Ovviamente più prendi e più la percentuale di tassazione è alta (ma di solito non è questo un problema per i neolaureati).

Se vi capita di dover fare un calcolo a spanne, magari durante un colloquio di selezione dove il selezionatore si è spinto a darvi una idea della RAL che sono disposti a pagare al candidato che intendono assumere, togliete un minimo del 25% dall'importo della RAL e, più o meno, avete un’idea del netto che vi rimane in tasca.

© Marco Bianchi – riproduzione riservata Dicembre 2017

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lunedì 4 dicembre 2017

LE DOMANDE “INAPPROPRIATE” NEI COLLOQUI DI SELEZIONE “A proposito dei colloqui volevo chiederle come si gestiscono le domande "inappropriate". Le faccio degli esempi. Ad un'amica, durante un colloquio presso uno studio notarile, è stato chiesto "A che ora è nata?", "Ha un fidanzato? Da quanto tempo state insieme? Intende mettere su famiglia?", per arrivare alla chicca: "è religiosa? se non lo è, perché? Queste domande, non solo sono inappropriate, ma mi sembrano anche illecite. Quale è il modo migliore per rispondere?”.

Premetto che ogni selezionatore, non dico sempre, ma spesso, ha le sue idiosincrasie (mi dicono, ma faccio fatica a crederci, che ci sono quelli che prima di scegliere un candidato valutano le scarpe che porta …). Io stesso per anni nei miei colloqui usavo anche un set di domande “inaspettate” (ovviamente non quelle riportate nella domanda a cui stavo rispondendo), ma io le usavo per vedere come sapeva reagire il candidato / la candidata (erano domande uguali per uomini e donne...) e per cercare di capire quanto era spontaneo/a e trasparente nelle sue reazioni, e poi spiegavo a chi avevo di fronte perché facevo ache quelle domande..

Le domande citate non sono solo inappropriate ma anche stupide, tutte. La prima mi fa pensare a quelli che chiedono al candidato / alla candidata di che segno è (niente di male nella domanda, ma se il segno zodiacale è il criterio di scelta, quasi preferisco quelli che si basano sulla qualità delle scarpe del candidato/della candidata).

Non sono un esperto di diritto del lavoro ma credo che le altre, quelle che indagano sulla vita privata della candidata, rappresentino una violazione del Decreto Legislativo 11 Aprile 2006, n.198 “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della legge 28 novembre 2005, n. 246” in Gazzetta Ufficiale N. 125 del 31 Maggio 2006 che ai sensi dell’art. 27 vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l'accesso al lavoro, ivi inclusa l’adozione di meccanismi di preselezione ovvero a mezzo stampa o con qualsiasi altra forma pubblicitaria che indichi come requisito professionale l'appartenenza all'uno o all'altro sesso. Questo in teoria. Nella pratica credo che sarebbe estremamente difficile provare di fronte ad un giudice che la candidata non è stata assunta in quanto donna, fidanzata e desiderosa di farsi una famiglia, e dunque in violazione della normativa che vieta la discriminazione di genere.

Cosa rispondere dunque al selezionatore che ti fa queste domande? Le alternative credo siano sostanzialmente due:

a)            La cosa giusta da fare sarebbe quella di reagire e spiegare, con garbo, che le domande ti sembrano inappropriate e che certo trovi soltanto normale avere un fidanzato e pensare, prima o poi di farti una famiglia, per poi gentilmente informarti su quali siano i criteri che utilizzano lì per valutare i potenziali collaboratori, precisando che se sono quelli che quelli che immagini probabilmente tra te e lavorare da loro c’è una incompatibilità di fondo.
b)           La seconda alternativa, più perfida ma del tutto adeguata alla stupidità ed alla malafede di chi fa domande simili, l'ho trovata da qualche su Internet ed è quella di dar loro corda e contare delle balle, spiegando che alla tua età e dopo anni di studi vuoi dimostrare quello che vali, e cercare di costruirti un percorso professionale al momento. Il resto? C’è tempo …… (e poi ti fai i fatti tuoi ...).
Personalmente non ho mai fatto domande inappropriate. Le ho però sentite fare in un paio di colloqui a cui partecipava anche un selezionatore della Direzione del Personale, che purtroppo in entrambi i casi, era una donna che non aveva mostrato alcuna esitazione nel fare le “domande inappropriate” ……

Le altre domande per cui trovate le (mie) risposte su “MI SONO LAUREATO! E ADESSO? (N.2. LA RICERCA CONTINUA)”.

DOMANDA: “Che cosa è la RAL?”.
DOMANDA: “Flessibilità v. Specializzazione nel piano di studi universitario”.     
DOMANDA: “Ma devo mettere nel CV i “lavoretti” che ho fatto nel periodo universitario?”     
DOMANDA: “Come comportarsi nel caso in cui un colloquio (che credevi fosse andato bene) abbia poi avuto esito negativo”.
DOMANDA: “Il Dubbio Amletico di Mary”.
DOMANDA: “La crisi, i talenti e le raccomandazioni”.
DOMANDA: “Colloqui di selezione. Come si gestiscono le domande inappropriate”.    
DOMANDA: “Ma l'università prepara al mondo del lavoro?”.    
DOMANDA: “Perché non ci parla delle caratteristiche caratteriali che un selezionatore cerca in un neolaureato?
DOMANDA: “La lettera di presentazione”.
DOMANDA: “I Career Day dell’Università”.
DOMANDA: “Internet, Social Network e la ricerca del lavoro”.
DOMANDA: “le aziende assumono solo per conoscenza diretta?”.
DOMANDA. Ma quando un voto di laurea può dirsi basso?.
DOMANDA. “Ma come si trova il lavoro che “ci piace”, il lavoro che fa per noi?”.
DOMANDA: “la differenza, fatta dalle aziende in fase di selezione di curriculum, può essere giustificata solo dal nome e dalla storia di una università senza verificare l'attuale preparazione dei laureati?”.    
DOMANDA: “E se io mi rifiuto di fare un lavoro che...?”.             
DOMANDA “Conta più l’età o il voto di laurea?".
DOMANDA: “ma è utile fare uno stage curriculare prima della laurea?”.

© marco bianchi – riproduzione riservata Dicembre 2017

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