Chiedo
scusa a tutti quelli che hanno seguito un diverso corso di laurea, ma, per una
volta, rispondo a una domanda specifica di un singolo corso di laurea,
Giurisprudenza. Lo faccio anche perché la domanda (e la risposta) sono
direttamente correlate con la mia esperienza professionale.
Come
è noto un neolaureato in Giurisprudenza teoricamente ha di fronte a sé diversi
percorsi professionali, Avvocato (Penalista, Civilista, Amministrativista, di
tutto un poco, Studio Legale piccolo, Studio Legale grande, Studio Legale Internazionale), Magistrato, Notaio,
Giurista d’Impresa. Come tutti sappiamo nella pratica quale che sia la nostra
scelta il percorso professionale è orto di ostacoli, di Avvocati ce ne sono
troppi, poi bisogna fare la pratica (di solito sotto o per nulla pagata), poi
bisogna superare l’esame di stato (per non parlare del percorso di chi vuole
fare il Magistrato o il Notaio….)
LA
DOMANDA: Ma che cosa fa un giurista d’impresa? La domanda sembra semplice ma è
forse la risposta ad essere abbastanza complessa, o meglio per rispondere ci si
potrebbe forse scrivere un libro.
LA
RISPOSTA: Cerco di rispondere con una serie di considerazioni, ovviamente del
tutto personali e quindi del tutto opinabili:
1. Che cosa fa un giurista d’impresa? Non si può generalizzare, direi che anche
dipende
1.1. dal settore merceologico dove opera la società per cui si lavora. Se
lavoro per una società che opera nel fotovoltaico, per prima cosa dovrò
diventare un esperto della normativa applicabile in quel settore (magari
complicandomi ancor di più la vita se la società opera anche all'estero, in
quanto in tal caso dovrò cercare di avere una comprensione delle eventuali
normative locali). Se lavoro nel farmaceutico mi disinteresserò di tutto quello
che riguarda il fotovoltaico e diventerò un esperto nella normativa relativa ai
farmaci Attenzione ciò non vuol dire essere un iperspecialista quanto avere
delle preferenze / delle priorità salvo poi avere un metodo per gestire il
ruolo di tuttologo che prima o poi ti tocca assumere (perché come dirò più
sotto in realtà il cliente interno, più o meno consciamente, pretende che, in
quanto avvocato, tu sappia rispondere a qualsiasi “dubbio legale” che gli si
para davanti, qualunque sia la branca del diritto da applicare).
1.2. dalle dimensioni del Dipartimento Legale. Se sei da solo sei un tuttologo
per definizione. In un grande Dipartimento Legale necessariamente si finisce
per adottare una qualche forma di ripartizione delle competenze. Formalmente si
può adottare una ripartizione per competenza geografica (io mi preoccupo dei
problemi legali di quelli del Mercato Italia, tu di quelli dei Mercati
dell’Est-Europa), per tipologia di prodotti, per funzione aziendale. Oppure una
ripartizione informale, perché inevitabilmente ogni avvocato, anche solo per
carattere o per sue preferenze personali di solito riesce meglio in una certa
cosa e quindi diventa “l’esperto” di quel dato argomento.
2. Ferma restando la preminenza in un certo settore / in un certo ambito, di
solito si finisce per fare un poco di tutto (a differenza di quel che può
accadere in uno studio non si può rispondere a un cliente interno “no qui non
ci occupiamo di Diritto Industriale o di Diritto del lavoro e quindi vada da un
altro Studio Legale). Io nella stessa società mi sono dovuto occupato (e l’elenco
non è esaustivo, “including but not limited to” come direbbe un avvocato
anglo-sassone) di contratti internazionali (ambito preferito), antitrust,
sicurezza sul lavoro, 231, Diritto Fallimentare, diritto penale d’impresa,
normativa sull’energia, normativa pubblicitaria, normativa in tema di smaltimento
dei rifiuti.
3. Da uno Studio si va per avere un parere legale, dal legale interno ci si va
perché si ha un problema, legale spesso in senso lato, e si cerca una
soluzione, e/o fare del brain storming (e/ per passare il problema, e le
relative responsabilità, a qualcun altro). Tanti avvocati d’impresa si
paragonano ad un dottore (alcuni pensano allo psichiatra, io preferisco pensare
al medico generico che immediatamente dopo un paziente con il raffreddore si
vede entrare un tizio che probabilmente ha una rarissima malattia tropicale:
deve sapere come risolvere il problema di entrambi).
4. A differenza di quel che accadere in uno Studio, di solito i junior lawyer
non fanno back office ma fanno quasi subito il front-office con i clienti
interni (riduzione costi = risorse scarse = "vai e dimostra quello che sai fare").
5.In estrema sintesi l'avvocato d’impresa deve essere in grado di identificare
e soppesare i rischi insiti nelle attività e nelle iniziative della società,
cercando di attenuarli (prevenire è meglio di curare – il contenzioso di solito
non è una soluzione da suggerire), avendo peraltro la consapevolezza, e
trasmettendola ai clienti interno, che i rischi non si possono eliminare
completamente (l’alea imprenditoriale …). In aggiunta l'avvocato d’impresa
molto spesso, nella sostanza se non nella forma, deve prendere decisioni che a
ben guardare dovrebbero riguardare il business.
6. Tutto quanto sopra è valido a condizione che il capo per cui lavori non
intenda diversamente il ruolo del Giurista d’’Impresa, limitandosi a fare il
passacarte agli Studi Legali esterni (ho visto anche questo): molto comodo per
il capo ma noiosissimo per quelli che da Lui/Lei dipendono (ma in questi tempi
le società stanno attente ai costi e probabilmente anche i passacarte non hanno
vita facile ….)
© marco bianchi – riproduzione
riservata 2017
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