venerdì 19 gennaio 2018

MI SONO LAUREATA FUORICORSO

E allora? Sei andata fuori corso? E chi se ne frega? Non è questo il punto, non è questa vera domanda che devi farti. 
La vera domanda è un'altra "PERCHE' non ti sei laureata in tempo? PERCHE' sei andata fuori corso?". Il vero problema te lo ritrovi se in solitudine ti guardi allo specchio ed ammetti che hai passato troppo tempo nella movida notturna (No "non fa curriculum") o gironzolando in giro per divertirti senza pensieri a mo di cicala (anche questo è meglio non metterlo nel curriculum...).
Se la situazione è questa e se il tuo CV riesce comunque a farti spuntare un colloquio di selezione, il selezionatore / la selezionatrice quasi sicuramente guardano cupamente prima al tempo che ci hai messo a laurearti e poi a te..

Ammettiamo che invece la situazione sia diversa, ovvero sei andata fuori corso perché hai acquisito un'esperienza: hai lavorato nel periodo universitario maturando una esperienza spendibile sul posto di lavoro per cui ti sei candidata - insieme ad un gruppo di amici hai costituito e gestito una radio privata locale che si è conquistata una nicchia di ascoltatori ed un discreto successo. Perché il selezionatore / la selezionatrice dovrebbe scandalizzarsi del fatto che "non ti sei laureata in tempo"?

Io mi sono laureato fuori corso (100/110), ma lavorando, prima al Tribunale dei Minorenni e poi in un'Associazione di Categoria dove coordinavo la segreteria, incontravo clienti ed associati, partecipavo a riunioni con enti pubblici ecc. (avevo anche partecipato alla costituzione di una radio privata ma su quello credo di aver sorvolato durante il colloquio di selezione ...). Mi sono presentato alla Direzione del Gruppo Rizzoli - Corriere della Sera, ho sbaragliato la concorrenza (compresi quelli che si erano laureati in tempo) e mi hanno assunto....

© marco bianchi – riproduzione riservata

"Mi sono laureato! E adesso? N.2 La ricerca continua …. Manuale di sopravvivenza per neolaureati alla ricerca del primo lavoro; Curriculum Vitae, Master, Tirocini e colloqui di selezione” è la seconda edizione, rivista ed aggiornata, di “Mi sono laureato! E adesso?” pubblicata nel 2010 da Vallardi.


Il libro si può acquistare solo sui principali bookstore (basta cliccare sui link ad alcuni siti di librerie on line qui accanto). Versione cartacea e e-book le trovate su Amazon, Streetlib, Libreria universitaria, IBS e la Feltrinelli. Solo l’e-book su Hoepli, Mondadori,  Kobo, Mondadori, libreriabook.it e ebooklife.it.  Costo? 14,99 la versione cartacea e 10,99 l’ebook.

giovedì 18 gennaio 2018

DOMANDA: NEOLAUREATO IN ECONOMIA COSA FARE?

Posta così la domanda, i neolaureati delle c.d. lauree deboli (le facoltà umanistiche) potrebbero innervosirsi un poco (eufemismo…). Oggi come oggi Economia, insieme a Informatica e Ingegneria Gestionale, con a seguire tutte le altre Ingegnerie, e ancora dietro le altre facoltà “tecniche”, è  infatti quella che ancora regge meglio alla recessione.

Che cosa può fare un neolaureato in economia? Fatto salvo quanto dirò più oltre, le scelte sono più d’una: puoi cercare di fare il commercialista (ma, se capisco bene come accade anche a noi di Giurisprudenza, devi fare un periodo di praticantato), puoi indirizzarti verso la consulenza d’impresa cercando di farti assumere dalle grandi società di revisione e consulenza (Accenture, KPGM, Ernst & Young, Deloitte), oppure proprio cercare di farti assumere da una società per lavorare nel settore / nella funzione / nella Direzione Finance (finanza, tesoreria, amministrazione, controllo di gestione). Il giorno dopo esserti laureato hai improvvisamente scoperto che l’Economia non ti piace? Puoi sempre cercare di riciclarti nella Direzione del Personale di un’impresa, o nel marketing.

QUELLO CHE NON PUOI FARE è cercare di fare tutto contemporaneamente. Puoi anche sparare il tuo CV a tutti, ma appena qualcuno ti risponde e riesci a trovare una proposta di lavoro decente prendila. Poi scopri che fare il commercialista non ti piace? L’importante all’inizio è entrare nel mondo del lavoro. Dopo, con calma, con un lavoro, e con uno stipendio, da “esperienziato”, puoi andare alla ricerca del lavoro che ti piace, e magari prima o poi lo trovi.
EVENTUALI OSTACOLI? Oltre alla recessione, un voto di laurea basso / una laurea molto fuori corso non bilanciati da esperienza (lavoravi….) o la non disponibilità alla mobilità.

© marco bianchi – riproduzione riservata 2017

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DOMANDA. MA QUANDO UN VOTO DI LAUREA PUO' DIRSI BASSO? DEFINIZIONE DI "VOTO DI LAUREA BASSO"

L'ennesima domanda su "Mi sono laureato con un voto basso", ovvero "ma quando un voto di laurea è basso?".

Ovviamente non ci sono delle regole oggettive e molto dipende dalla personale definizione adottata dal singolo selezionatore. Io conosco un grande studio legale Italiano che prende in considerazione soltanto laureati neolaureati in giurisprudenza con 110 e lode (ma mi sembra un'affettazione, giusto perchè così si sentono più fighi..).

Io ragionavo così. ricerca di un candidato al quale offrire un tirocinio o un'assunzione ad un neolaureato / giovane laureato (ebbene sì mi è anche capitato di assumere a tempo indeterminato....).
  • FASE 1 - Arriva un pacco enorme di CV;
  • FASE 2: Elimini i CV con errori o incongrui rispetto alla richiesta (cerco un neolaureato e mi arriva il CV  di un quarantenne)
  • FASE 3: Tra i CV rimasti (che sono comunque tanti) selezioni quelli dei candidati da chiamare per un colloquio. Occhio che nè io ne la mia collega della Direzione del Personale abbiamo tempo per invitare tutti i CV superstiti (tanto io che lei svolgiamo altre attività lavorative e facciamo la selezione nel - si fa per dire - tempo libero....). Io ero solito prendere in considerazione tutti i CV da 100 a 110 con lode, e magari quelli da 95 a 100 che avevo qualcosa di interessante nel CV (magari un po' di esperienza lavorativa o delle attività / interessi extra-professionali non banali)
Comunque per darvi un'idea e cercare di essere oggettivi qui sotto una tabella i cui dati sono tratti dal Rapporto "I neolaureati e il mercato del lavoro nel comparto privato" della Bachelor di Milano che cito  .

La tabella si legge così:
Presentati in Azienda: Neolaureati intervistati dalla Bachelor che poi la Bachelor  ha proposto ad aziende che cercavano neolaureati. Vedete che la fascia maggiormente proposta alle aziende non è quella del 110 ma quella tra il 100 ed il 104. Sotto il 95 inizia il declino. 
Non presentati in Azienda: Il colloquio non ha avuto l'esito sperato dal neo-laureato. Vedete però che quasi uno su due laureati con 110 non sono stati proposti alle aziende (la mia spiegazione o troppo bravi per il posto ricercato o troppo teoorici e privi di senso pratico) 


VOTO DI LAUREA
PRESENTATI
ALL’AZIENDA
NON PRESENTATI ALL’AZIENDA
75-79
0,2
0,4
80-84
2,0
2,2
85-89
6,6
3,9
90-94
10,1
10,5
95-99
15,9
17,9
100-104
24,1
23,9
105-109
17,1
18,4
110
23,9
22,7

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mercoledì 17 gennaio 2018

CURRICULUM SCARTATI? ESEMPI VERI

  • NEOLAUREATA CON FOTO A COLORI IN POSA A LONDRA:  Curriculum un po' fighetto. Provo a telefonare non risponde nessuno. Per fortuna c'è il mail.... MA L'INDIRIZZO MAIL E' SBAGLIATO!! Superficiale. E più importante scegliere, tra le tante, una bella fotografia, o piuttosto assicurarsi che i contatti (telefono - mail) siano giusti?
  • NEOLAUREATO CON BLOG: Teoricamente il fatto che abbiate un blog può essere un plus. Poi DIPENDE DA QUELLO CHE C'E' NEL BLOG. Per esempio io non sono rimasto particolarmente entusiasta del blog di un candidato che aveva fondato il "Marylin Manson Fan Club" di Trofarello...
  • NEOLAUREATA CON 110 E LODE: Si era dimenticata di mettere il titolo della tesi. Interpretazione Questa non è ancora uscita dalla mentalità dell'Università. MA PENSATE CHE IL SELEZIONATORE METTA IN FILA I CV SOLO SULLA BASE DEL VOTO DI LAUREA?
  • NEOLAUREATO/ CON FOTO: Delle foto delle neo-laureate ho già parlato a pag.32 del libro. Considerata la diffusione dei social network ormai non è infrequente che il selezionatore / la selezionatrice dia un'occhiata al vostro profilo su Facebook. Riflessione per i neo-laureati: ma è il caso di meetere sul vostro profilo una vostra foto a torso nudo dove esibite i vostri bicipiti in posa da culturista? Boh! Magari chi vi sta selezionando si mette in testa che fate un po troppo gli "splendidi" ...  Vedete voi...
  • NEOLAUREATA CON SOLO TELEFONO FISSO (NEL SENSO CHE AL CELLULARE NON LA TROVAVI MAI): Esperienza vera: non riuscendo a contattare una candidata sul cellulare, chiamo il fisso. Mi risponde la mamma o la zia, io mi qualifico con nome e cognome e questa con tono da Gestapo mi fa "E lei chi è, come fa a conoscere Giovanna, cosa vuole e simili". Sono stato tentato di rispondere "Guardi signora pensavo di assumere la sua "bambina" - di 25 anni - ma ci ho ripensato".
    Conclusione: NEL CV date dei numeri di telefono a) dove risponde SEMPRE qualcuno b) dove chi risponde sa che potrebbe arrivare delle chiamate di risposta al CV che avete inVIATO.
  • NEOLAUREATINCON UN VOTO DI LAUREA BASSO - Questo è un vero casino e ci dedico un post ad hoc
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DOMANDA: QUANTO VALE IL 100/110 COME VOTO DI LAUREA?

Direi non poco, non fosse altro per il fatto che, come forse ho già scritto sul blog, io mi sono per l'appunto laureato con 100/110 e ho fatto una brillante carriera (cominciata nel solito modo CV - Colloquio di Selezione, battendo la concorrenza e venendo assunto all'Ufficio Legale del Gruppo RCS - Rizzoli Corriere della Sera).
 


La risposta merita però un chiarimento: di solito il selezionatore non valuta il 100/110 o proprio il 110 e Lode da solo, ma lo mette in relazione con le altre informazioni che avete fornito nel vostro CV, ovvero:
 
-       In corso / poco fuori corso / fuori corso il giusto / molto fuori corso

-       Argomento tesi di laurea

-       Conoscenza approfondita lingua/e straniera/e

-       Attività Professionali (Tirocini - Lavori Temporanei)

-       Esperienze extraprofessionali.

Quindi non sconvolgetevi se vi rendete conto che si sono candidati hanno un voto di laurea migliore del vostro e non sedetevi sugli allori se avete un voto di laurea migliore di quello degli altri. Come non mi stanco di ripetere non si assume (soltanto) un voto su un pezzo di carta quanto (piuttosto) una persona e un cervello….

© marco bianchi – riproduzione riservata 

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DOMANDA: LA SEZIONE HOBBY E INTERESSI EXTRAPROFESSIONALI NEL CURRICULUM

A CHE COSA SERVE

Serve al selezionatore / alla selezionatrice per cercare di avere qualche informazione in più su chi sei, cosa ti piace, per fermarsi ed immaginare come potresti essere.
Serve a te perché spesso questa è una delle poche Sezioni del CV dove puoi far vedere che il tuo CV ha qualcosa di diverso da quelli  di tutti quelli che si sono pure laureati assieme a Te, magari nella stessa Università, con un voto di laurea simile (e per giunta avete tutti risposto  

A CHE COSA PUO SERVIRE
A seconda degli interessi extraprofessionali che hai indicato può far pensare al selezionatore che forse le tue affermazioni che sai relazionarti con gli altri in un ambiente di lavoro, sai lavorare in team, sei orientato alla risoluzione dei problemi (“problem solving”) hanno un qualche fondamento. Ovviamente dipende dal tipo di interessi extra.professionali che  inserisci nel CV … (vedi esempi qui sotto)

ESEMPI HOBBY / INTERESSI PROFESSIONALI (E PROBABILI REAZIONI DEL SELEZIONATORE)

QUESTI SOTTO LI METTONO TUTTI E SERVONO A BEN POCO
lettura (gialli e romanzi storici), cinema, viaggi, sport

QUESTI POTREBBERO ESSERE UTILI
SPORT
  • Arbitro Effettivo di calcio presso il Comitato Regionale Arbitri della Toscana (Categorie fino all'Eccellenza) –  Positivo: Potenziale Leadership / Capacità di gestire gruppi e situazioni di stress
  • Allenatrice di squadra di pallavolo under 16 – Positivo: Capacità di Team Building
MUSICA
  • Suono il clarinetto dopo essermi diplomata in musica presso il Conservatorio XY – Positivo / Negativo per un selezionatore. Positivo: Hai degli interessi e delle emozioni che vanno al di là della tua sfera professionale. Negativo: Hai degli interessi e delle emozioni che vanno al di là della tua sfera professionale (e qui c’è da lavorare e non avrai tempo per coltivarli)
  • MezzoSoprano nel Coro di Abbadia (esibizioni In Italia ed in Francia) – Positivo: Team Building
  • Teatro (Scuola di Teatro presso il Teatro dei Pallottolieri di Padova) – Positivo: team building, capacità di stare in pubblico senza problemi
 ASSOCIAZIONISMO
  • Responsabile della sezione di Modena della Associazioni Universitari Europei (organizzazione eventi culturali, relazione con altre sezioni Italiane ed europee – rapporti con Universitari e con Istituzioni, Società e professionisti locali, il che mi ha consentito di trovarmi a mio agio nel dialogare e lavorare con persone ben più esperte e mature di me, docenti universitari, professionisti, manager, funzionari pubblici, tanto Italiani che stranieri) – Positivo: capacità relazionale con soggetti inseriti nel mondo del lavoro
VIAGGI E LETTURE (? ANCHE LORO? SI)
  • Lettura (classici, "don Quijote de la Mancha" di Cervantes e " Il Piccolo Principe" di Saint Exupéry sono i miei “intoccabili")- Magari il selezionatore / la selezionatrice si incuriosisce e si ricorda del tuo CV
  • Lettura (saggi contemporanei e gialli, da ultimi quelli della Trilogia di Millennium di Stieg Larsonn) - Magari il selezionatore / la selezionatrice si incuriosisce e si ricorda del tuo CV
  • Viaggi all’estero per aumentare la mia conoscenza di culture diverse dalla nostra – Positivo Non banale. Portato/a per un’esperienza in ambito internazionale?
QUESTI SONO SOLO ESEMPI (E MAGARI VOI NE AVETE DI MIGLIORI) MA SERVONO PER FARVI CAPIRE CHE LA SEZIONE INTERESSI EXTRA-PROFESSIONALI PUO’ ESSERE UTILE O BANALE A SECONDA DI COSA RIUSCITE A FAR CAPIRE DI VOI.

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lunedì 15 gennaio 2018

LAUREANDO TRIENNALE IN ECONOMIA: MI ISCRIVO ALLA SPECIALISTICA O FACCIO SEI MESI IN AUSTRALIA?

Giovanni  (il nome è di fantasia) è un laureando  in Economia (triennale) e conta di laurearsi a 22 anni con un voto di laurea tra 90 e 95. Mi chiede se al termine della triennale la scelta migliore sia quella di continuare gli studi con una laurea magistrale oppure "emigrare" all'estero (Australia) per 6 mesi/un anno per affinare la lingua e fare esperienza.

LA MIA RISPOSTA
La scelta logica e razionale è quella di fare la biennale e di sbattersi come pochi per due anni. Due gli obiettivi:  laurearsi in corso / relativamente in corso e con un voto di laurea più alto, non dico il 110 e Lode, ma almeno 100/110, che annullerebbe l’effetto del non eccelso 90 alla triennale.  Avvertenza ulteriore:   cerca di trovare una tesi “utile”,  “pratica”, che possa essere in qualche maniera spendibile nel CV di un neolaureato. Niente tesi tipo “Il movimento luddita nell’Inghilterra pre-industriale” o “Lo sviluppo della coltivazione del baco da seta nelle Repubblica Veneta del 700”.

L’Australia? Non è assolutamente un’idea scema anzi. In effetti io ho avuto un tirocinante, neolaureato in Giurisprudenza, che era stato sei mesi in Australia, lavorando in un’azienda vitivinicola di oriundi Italiani (terza generazione). Era un Friulano e l’opportunità l’aveva trovata tramite l’Associazione “Furlani nel Mondo” (o un nome del genere). Ammetto che l’esperienza Australiana faceva un’ottima figura sul CV (e inoltre il tipo chiaramente a quel punto sapeva l’Inglese).
L’Australia la riserverei però dopo aver preso la laurea biennale (nel senso che nei due anni della specialistica, visto che comunque bisogna sbattersi, Giovanni dovrebbe sbattersi anche per  capire tutto dell’Australia e per vedere se riesce a trovare un’occupazione a termine prima di partire). 

Caro Giovanni nei due anni della specialistica ti informi e ti specializzi Ti organizzi e così quando ti laurei con la specialistica sei pronto a partire dopo 10 giorni per sei mesi in 'Australia .........

© marco bianchi – riproduzione riservata 2017

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mercoledì 10 gennaio 2018

IL DIARIO DI UN NEOLAUREATO IN CERCA DI OCCUPAZIONE

Tramite Internet ho letto la storia di un neolaureato disoccupato (una città del nord-Italia)  e l’ho pure commentata. Riassumo  qui la storia e i miei commenti perché in realtà penso che possa essere utile a tanti neolaureati.

IL BACKGROUND DEL NOSTRO NEOLAUREATO: Laureato (in corso) in Scienza delle Comunicazioni con Tesi “Le missioni di pace dell’ONU”, parla tre lingue, conoscenze informatiche più del normale, attività sportiva a livello agonistico che lo porta in giro per l’Italia e per l’Europa.
LA RICERCA DI UN PRIMO LAVORO: La trafila è la solita, invio del CV alle aziende della zona, poi ricerca su Internet (ma focalizzandosi solo su quelli della provincia di residenza, dove in effetti non si trova niente di interessante, nel senso di congruo rispetto al percorso universitario ), e infine visita presso le varie Agenzie di Lavoro. Due domande, una dell’Agenzia al neolaureato, l’altra del neolaureato all’Agenzia.

  • DOMANDA DELL’AGENZIA: “In quale settore aziendale preferisce essere inserito” RISPOSTA DEL NEOLAUREATO: “Disponibile per ogni lavoro”
  • DOMANDA DEL NEOLAUREATO: “E’ vero che  non sempre è bene scrivere di essere laureato e che non sempre avere titoli di studio importanti può essere utile?” RISPOSTA DELL’AGENZIA:“Se si è laureati è meglio dirlo. Vero però che un laureato costa di più all'azienda e quindi trova lavoro più difficilmente”.
I COMMENTI ALLA  VICENDA CHE HO TROVATO SUL WEB: Sul Web quelli soliti, “Vai all'estero” e “Studiare non serve, coltiva la terra, fai l’idraulico e simili 

GLI ERRORI DEL NOSTRO NEO-LAUREATO  
1. Ovviamente essersi laureati, anche nei tempi canonici, non è un automatico passpartout per trovare un posto di lavoro.

2. La laurea in Scienze internazionali e diplomatiche, per come la percepisco io, è una “laurea debole” (la definizione non è mia) così come molte lauree umanistiche (di nuovo “relata refero”), e non aiuta la tesi che il nostro neolaureato ha fatto. Il selezionatore tipo istintivamente reagisce pensando che non gli serve un diplomatico e che la società per cui lavora non ha niente a che vedere con l’ONU. Quindi quando scegliamo la tesi, cerchiamo di scrivere dell’ONU solo se vogliamo / possiamo ragionevolmente sperare in una futura carriera all’ONU. 

3. Moolto interessanti invece gli interessi extraprofessionali del nostro neolaureato: lingue e attività agonistica. Il che, agli occhi di un selezionatore, probabilmente significa che il nostro neolaureato sa lavorare in team, è orientato al risultato e hai buone capacità relazionali. Vanno valorizzati nel CV e nella lettera di presentazione.

4. “Ma va bene qualunque cosa, pur di lavorare” non è un buon approccio secondo me il selezionatore non lo apprezza. Non è lui che deve dare qualcosa al neolaureato che gli sta di fronte. Lui cerca di capire cosa il neolaureato può fare per lui e per l’azienda che vuole assumere.

5. “Vero però che un laureato costa di più all'azienda e quindi trova lavoro più difficilmente”. Tranquilli è una balla. Se io ho bisogno di un Ingegnere, di un Economista, di un Avvocato cerchi di assumere un laureato. Non mi risulta neppure che un giovane assunto come impiegato abbia uno stipendio sostanzialmente differente a seconda che sia diplomato o laureato.  Certo che se un neolaureato si presenta per un posto da saldatore meccanico il selezionatore lo guarda perplesso.

6. Invece di ricorrere allo slogan “Andate all’estero”, prima si possono fare due cose. Intanto “allargare” l’ambito territoriale della ricerca al di fuori della provincia di residenza (non ho capito una proposta di lavoro in Islanda va bene ed una in una Regione diversa da quella dove hai studiato no?). Lauree “deboli”?  Valutare la possibilità di fare un buon Master per “riorientare” la tua professionalità). E poi ripartire con la ricerca.

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DOMANDA: LE AZIENDE DICONO CHE I NEOLAUREATI HANNO LE CONOSCENZE MA NON LE COMPETENZE. MA COSA VUOL DIRE?

Da quando ho iniziato a scrivere “Mi sono laureato! E adesso?” e poi ho iniziato questo blog  mi è capitato di leggere un’infinità di indagini, di statistiche, di interviste a Direttori del Personale, a Direttori di Associazioni Imprenditoralo, ho pressochè sempre trovato una costante nelle risposte “I  neolaureati magari hanno un bagaglio enorme di conoscenze ma gli mancano le competenze”. Finalmente dopo un paio di anni uno dei lettori (anonimo, come spesso accade) mi ha posto la domanda ovvia, ovvero “ma cosa vuol dire avere le conoscenze ma non le competenze?” .

In estrema sintesi vuol dire che non frega più di tanto quello che sai ma piuttosto quello che sai fare (o che sembra sapresti fare). D’altra parte è ance comprensibile. In Università ti sbatti per superare un esame, per beccare un bel voto.  Fuori, continui a sbatterti ma lo fai perché qualcuno ti paga. E ti pagano non per QUELLO CHE SAI, perché altrimenti basterebbe farti un ulteriore esame, e poi passarti uno stipendio a vita. Ti pagano quello per QUELLO CHE SAI FARE.  A tal proposito, ma è solo un inciso ricordo ancora un’intervista con un simpatico Rettore apparsa alcui anni fa sul Sole 24 Ore ove il Magnifico nella sostanza diceva “Ma che cosa volete da noi noi diamo ai nostri studenti una preparazione culturale mica dobbiamo insegnarli un mestiere, a quello ci penseranno altri quando escono dall’Università”.E come nò, tutti noi siamo andati in Università per farci una cultura, e non perché pensavano che l’Università fosse un passo che ci consentisse  di entrare nel mondo del lavoro e costruirci il futuro con la nostra compagna o con il nostro compagno. Chiuso l’inciso.

Torniamo alla domanda “ma cosa vuol dire avere le conoscenze ma non le competenze?” Mi aiuto con degli esempi:

1.  Quando mi capitavo di porre un qualche quesito, un problema, ad uno dei miei neolaureati, la ptima capitava che questi sparisse per due settimane per poi arrivare nel mio ufficio con una simpatica e dotta relazione di venti pagine (le conoscenze). Arggh! E allora mi toccava spiegare che  il cliente, che aveva una professionalità diversa dalla nostra e non era in grado di apprezzare la relazione e che anzi avrebbe preferito una risposta di una pagina in tre giorni. La conoscenza è quella cosa che ci consente di scrivere una relazione di venti pagine in due settimane, ma la competenza è quell'altra cosa che, forti di tale consapevolezza, ci permette di fornire a chi ci paga una risposta corretta nei tempi necessari (non a noi ma a chi ci ha fatto la domanda, e quindi direttamente o indirettamente, a chi ci paga lo stipendio.

2. E’ il tuo primo giorno di lavoro. Ti arriva un mail con un problema molto interessante e complesso e ti ci butti a pesce per risolverlo. E’ il secondo giorno di lavoro, la voce del tuo arrivo si è sparsa, e ti arrivano 100 mail con cento problemi diversi. Cosa fai?
·     Rispondi ai singoli mail seguendo l‘ordine di arrivo.
·     Sei concentrato sul primo mail e sul problema molto interessante e complesso. I 100 mail nuovi li guardi poi.
·        Dai un’occhiata ai 100 mail e scegli di rispondere a quelli che ti sembrano più interessanti.

SUGGERIMENTO: A mio parere, il procedimento giusto è questo:
·         Leggo tutti i mail
·        Rispondo identificando le priorità (in termini di importanza non per me e per quello che mi interessa, ma, ahimè, per quello che è importante per gli altri, i clienti,  l’azienda, quelli che alla fine giustificano lo stipendio che ti pagamo) MA
·         A prescindere dalle priorità, anche se stai facendo un lavoro complesso ed importanti, rispondi subito ai mail per cui conosci la risposta e la risposta è semplice e immediata (15-20 minuti di tempo max per rispondere). Tu ti rilassi per 15-20 minuti lasciando per un attimo il lavoro su cui ti stai spaccando la testa e stupisci/fidelizzi il cliente con la rapidità della tua risposta (che per te è semplice ma magari risolve al cliente un problema che per lui era mportante e angosciante). Hai conquistato la fiducia di un cliente, di un collega e hai contribuito a risolvere un  problema.

CONCLUSIONE (ovviamente schematica): Sapere  le risposte è CONOSCENZA, Sapere gestire le priorità sulla base delle esigenze degli altri e non delle nostre, sapere come utilizzare le conoscenze per comunicare e rispondere a clienti e colleghi è COMPETENZA

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martedì 9 gennaio 2018

NEOLAUREATI IN GIURISPRUDENZA: MA COSA FA UN GIURISTA D’IMPRESA?

Chiedo scusa a tutti quelli che hanno seguito un diverso corso di laurea, ma, per una volta, rispondo a una domanda specifica di un singolo corso di laurea, Giurisprudenza. Lo faccio anche perché la domanda (e la risposta) sono direttamente correlate con la mia esperienza professionale.
Come è noto un neolaureato in Giurisprudenza teoricamente ha di fronte a sé diversi percorsi professionali, Avvocato (Penalista, Civilista, Amministrativista, di tutto un poco, Studio Legale piccolo, Studio Legale grande, Studio  Legale Internazionale), Magistrato, Notaio, Giurista d’Impresa. Come tutti sappiamo nella pratica quale che sia la nostra scelta il percorso professionale è orto di ostacoli, di Avvocati ce ne sono troppi, poi bisogna fare la pratica (di solito sotto o per nulla pagata), poi bisogna superare l’esame di stato (per non parlare del percorso di chi vuole fare il Magistrato o il Notaio….)

LA DOMANDA: Ma che cosa fa un giurista d’impresa? La domanda sembra semplice ma è forse la risposta ad essere abbastanza complessa, o meglio per rispondere ci si potrebbe forse scrivere un libro.

LA RISPOSTA: Cerco di rispondere con una serie di considerazioni, ovviamente del tutto personali e quindi del tutto opinabili:

1. Che cosa fa un giurista d’impresa? Non si può generalizzare, direi che anche dipende 


1.1. dal settore merceologico dove opera la società per cui si lavora. Se lavoro per una società che opera nel fotovoltaico, per prima cosa dovrò diventare un esperto della normativa applicabile in quel settore (magari complicandomi ancor di più la vita se la società opera anche all'estero, in quanto in tal caso dovrò cercare di avere una comprensione delle eventuali normative locali). Se lavoro nel farmaceutico mi disinteresserò di tutto quello che riguarda il fotovoltaico e diventerò un esperto nella normativa relativa ai farmaci Attenzione ciò non vuol dire essere un iperspecialista quanto avere delle preferenze / delle priorità salvo poi avere un metodo per gestire il ruolo di tuttologo che prima o poi ti tocca assumere (perché come dirò più sotto in realtà il cliente interno, più o meno consciamente, pretende che, in quanto avvocato, tu sappia rispondere a qualsiasi “dubbio legale” che gli si para davanti, qualunque sia la branca del diritto da applicare).


1.2. dalle dimensioni del Dipartimento Legale. Se sei da solo sei un tuttologo per definizione. In un grande Dipartimento Legale necessariamente si finisce per adottare una qualche forma di ripartizione delle competenze. Formalmente si può adottare una ripartizione per competenza geografica (io mi preoccupo dei problemi legali di quelli del Mercato Italia, tu di quelli dei Mercati dell’Est-Europa), per tipologia di prodotti, per funzione aziendale. Oppure una ripartizione informale, perché inevitabilmente ogni avvocato, anche solo per carattere o per sue preferenze personali di solito riesce meglio in una certa cosa e quindi diventa “l’esperto” di quel dato argomento.

2. Ferma restando la preminenza in un certo settore / in un certo ambito, di solito si finisce per fare un poco di tutto (a differenza di quel che può accadere in uno studio non si può rispondere a un cliente interno “no qui non ci occupiamo di Diritto Industriale o di Diritto del lavoro e quindi vada da un altro Studio Legale). Io nella stessa società mi sono dovuto occupato (e l’elenco non è esaustivo, “including but not limited to” come direbbe un avvocato anglo-sassone) di contratti internazionali (ambito preferito), antitrust, sicurezza sul lavoro, 231, Diritto Fallimentare, diritto penale d’impresa, normativa sull’energia, normativa pubblicitaria, normativa in tema di smaltimento dei rifiuti.

3. Da uno Studio si va per avere un parere legale, dal legale interno ci si va perché si ha un problema, legale spesso in senso lato, e si cerca una soluzione, e/o fare del brain storming (e/ per passare il problema, e le relative responsabilità, a qualcun altro). Tanti avvocati d’impresa si paragonano ad un dottore (alcuni pensano allo psichiatra, io preferisco pensare al medico generico che immediatamente dopo un paziente con il raffreddore si vede entrare un tizio che probabilmente ha una rarissima malattia tropicale: deve sapere come risolvere il problema di entrambi).

4. A differenza di quel che accadere in uno Studio, di solito i junior lawyer non fanno back office ma fanno quasi subito il front-office con i clienti interni (riduzione costi = risorse scarse = "vai e dimostra quello che sai fare").

5.In estrema sintesi l'avvocato d’impresa deve essere in grado di identificare e soppesare i rischi insiti nelle attività e nelle iniziative della società, cercando di attenuarli (prevenire è meglio di curare – il contenzioso di solito non è una soluzione da suggerire), avendo peraltro la consapevolezza, e trasmettendola ai clienti interno, che i rischi non si possono eliminare completamente (l’alea imprenditoriale …). In aggiunta l'avvocato d’impresa molto spesso, nella sostanza se non nella forma, deve prendere decisioni che a ben guardare dovrebbero riguardare il business.

6. Tutto quanto sopra è valido a condizione che il capo per cui lavori non intenda diversamente il ruolo del Giurista d’’Impresa, limitandosi a fare il passacarte agli Studi Legali esterni (ho visto anche questo): molto comodo per il capo ma noiosissimo per quelli che da Lui/Lei dipendono (ma in questi tempi le società stanno attente ai costi e probabilmente anche i passacarte non hanno vita facile ….)


© marco bianchi – riproduzione riservata 2017


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