“Choosy”
ovvero il tormentone scatenato dal Ministro Fornero che durante un convegno ha
invitato i giovani a non essere troppo
choosy (schizzinosi, pignoli) nella ricerca e del primo posto di lavoro (salvo
poi chiarire, ma ormai le polemiche si erano scatenate), che “oggi i giovani italiani sono disposti a
prendere qualunque lavoro. Poteva capitare in passato, quando il mercato del
lavoro consentiva cose diverse, ma oggi i giovani italiani non sono nella
condizione di essere schizzinosi”).
Aprire
un dibattito dedicato ai giovani e al mondo del lavoro spiegando che i
neolaureati non devono essere
schizzinosi o iperselettivi nel valutare la prima offerta di lavoro non mi
sembra un approccio comunicativo ottimale, considerata la crisi del mondo del
lavoro e in particolare la situazione della (dis)occupazione giovanile.
Complici anche le ipersemplificazioni giornalistiche che spesso riducono il
tutto a uno slogan, “choosy” per
l’appunto, possiamo immaginare la reazione di tutti i giovani neolaureati che
abbiano sentito la notizia “Ma come io
sono qui che mi sbatto come una iena, tra stage sottopagati, lavori
improbabili, curriculum spediti a destra e a manca e poi mi sento dire che non
devo essere choosy?”.
A parte
i dubbi sulla strategia comunicativa bisogna anche dire che iniziare con
“choosy” potrebbe far pensare che, almeno implicitamente, o giovani neolaureati
siano gli attori / i responsabili principali della disoccupazione giovanile.
Parliamo prima di recessione, di mancata crescita, senza dimenticarsi delle
Università che troppo spesso non preparano al post-laurea, della regolamentazione
ancora di là da venire dei tirocini post laurea, troppo spesso a gratis.
Poi anche
a me è capitato di incontrare dei “choosy”, ragazzi che aspettavano:
·
il lavoro ideale, quello di prestigio, quello dove ti pagano
subito un sacco di soldi e hai una carriera assicurata, o più semplicemente il
lavoro perfettamente in linea con il
percorso universitario appena concluso, e solo quello (ma come ho già
commentato su questo blog in realtà al lavoro ideale non ci si arriva subito,
ci si arriva per gradi, prima si entra nel mercato lavoro, e poi ci si guarda
intorno e si cerca di cambiare alla ricerca del valore ideale, o
·
il lavoro, anche così così, purchè a venti chilometri da dove
vivevano, o
·
il lavoro che “si certamente sono orgoglioso di lavorare
con voi, ma che orario fate e quante ferie ci sono, sa io sono un grande appassionato
di <calcetto con gli amici> < danza classica <teatro> <faccio
il dj in una radio privata> e
comunque adesso proprio non potrei perché ho già prenotato due settimane di
vacanza …”.
Comunque
i choosy erano, e, a mio parere, sono, comunque una minoranza abbastanza
esigua: la maggioranza è gente pronta a sbattersi per costruirsi un futuro (ma
poi bisogna fare i conti con la
recessione, con la mancata crescita, lo spread, le Università che troppo spesso
non preparano al post-laurea, gli stage
cattivi, a gratis e non professionalizzanti ……).
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