domenica 4 novembre 2012

A PROPOSITO DI …….. “CHOOSY”

“Choosy” ovvero il tormentone scatenato dal Ministro Fornero che durante un convegno ha invitato i giovani  a non essere troppo choosy (schizzinosi, pignoli) nella ricerca e del primo posto di lavoro (salvo poi chiarire, ma ormai le polemiche si erano scatenate), che “oggi i giovani italiani sono disposti a prendere qualunque lavoro. Poteva capitare in passato, quando il mercato del lavoro consentiva cose diverse, ma oggi i giovani italiani non sono nella condizione di essere schizzinosi”).
Aprire un dibattito dedicato ai giovani e al mondo del lavoro spiegando che i neolaureati non devono  essere schizzinosi o iperselettivi nel valutare la prima offerta di lavoro non mi sembra un approccio comunicativo ottimale, considerata la crisi del mondo del lavoro e in particolare la situazione della (dis)occupazione giovanile. Complici anche le ipersemplificazioni giornalistiche che spesso riducono il tutto a uno slogan,  “choosy” per l’appunto, possiamo immaginare la reazione di tutti i giovani neolaureati che abbiano sentito la notizia “Ma come io sono qui che mi sbatto come una iena, tra stage sottopagati, lavori improbabili, curriculum spediti a destra e a manca e poi mi sento dire che non devo essere choosy?”.
A parte i dubbi sulla strategia comunicativa bisogna anche dire che iniziare con “choosy” potrebbe far pensare che, almeno implicitamente, o giovani neolaureati siano gli attori / i responsabili principali della disoccupazione giovanile. Parliamo prima di recessione, di mancata crescita, senza dimenticarsi delle Università che troppo spesso non preparano al post-laurea, della regolamentazione ancora di là da venire dei tirocini post laurea, troppo spesso a gratis.
Poi anche a me è capitato di incontrare dei “choosy”, ragazzi che aspettavano:
·         il lavoro ideale, quello di prestigio, quello dove ti pagano subito un sacco di soldi e hai una carriera assicurata, o più semplicemente il lavoro perfettamente in linea con  il percorso universitario appena concluso, e solo quello (ma come ho già commentato su questo blog in realtà al lavoro ideale non ci si arriva subito, ci si arriva per gradi, prima si entra nel mercato lavoro, e poi ci si guarda intorno e si cerca di cambiare alla ricerca del valore ideale, o
·         il lavoro, anche così così, purchè a venti chilometri da dove vivevano, o
·         il lavoro  che “si certamente sono orgoglioso di lavorare con voi, ma che orario fate e quante ferie ci sono, sa io sono un grande appassionato di <calcetto con gli amici> < danza classica <teatro> <faccio il dj in una radio privata>  e comunque adesso proprio non potrei perché ho già prenotato due settimane di vacanza …”.

Comunque i choosy erano, e, a mio parere, sono, comunque una minoranza abbastanza esigua: la maggioranza è gente pronta a sbattersi per costruirsi un futuro (ma poi bisogna fare i conti  con la recessione, con la mancata crescita, lo spread, le Università che troppo spesso non preparano al post-laurea,  gli stage cattivi, a gratis e non professionalizzanti ……).


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