In estrema sintesi vuol dire che non frega più di
tanto quello che sai ma piuttosto quello che sai fare (o che sembra sapresti
fare). D’altra parte è ance comprensibile. In Università ti sbatti per superare
un esame, per beccare un bel voto.
Fuori, continui a sbatterti ma lo fai perché qualcuno ti paga. E ti
pagano non per QUELLO CHE SAI, perché altrimenti basterebbe farti un ulteriore esame,
e poi passarti uno stipendio a vita. Ti pagano quello per QUELLO CHE SAI
FARE. A tal proposito, ma è solo un
inciso ricordo ancora un’intervista con un simpatico Rettore apparsa alcui anni
fa sul Sole 24 Ore ove il Magnifico nella sostanza diceva “Ma che cosa volete
da noi noi diamo ai nostri studenti una preparazione culturale mica dobbiamo
insegnarli un mestiere, a quello ci penseranno altri quando escono dall’Università”.E
come nò, tutti noi siamo andati in Università per farci una cultura, e non perché
pensavano che l’Università fosse un passo che ci consentisse di entrare nel mondo del lavoro e costruirci
il futuro con la nostra compagna o con il nostro compagno. Chiuso l’inciso.
Torniamo alla domanda “ma cosa vuol dire avere le
conoscenze ma non le competenze?” Mi aiuto con degli esempi:
1. Quando mi
capitavo di porre un qualche quesito, un problema, ad uno dei miei neolaureati,
la ptima capitava che questi sparisse per due settimane per poi arrivare nel
mio ufficio con una simpatica e dotta relazione di venti pagine (le
conoscenze). Arggh! E allora mi toccava spiegare che il cliente, che aveva una professionalità
diversa dalla nostra e non era in grado di apprezzare la relazione e che anzi
avrebbe preferito una risposta di una pagina in tre giorni. La conoscenza è
quella cosa che ci consente di scrivere una relazione di venti pagine in due
settimane, ma la competenza è quell'altra cosa che, forti di tale
consapevolezza, ci permette di fornire a chi ci paga una risposta corretta nei
tempi necessari (non a noi ma a chi ci ha fatto la domanda, e quindi
direttamente o indirettamente, a chi ci paga lo stipendio.
2. E’ il tuo primo giorno di lavoro. Ti arriva un
mail con un problema molto interessante e complesso e ti ci butti a pesce per
risolverlo. E’ il secondo giorno di lavoro, la voce del tuo arrivo si è sparsa,
e ti arrivano 100 mail con cento problemi diversi. Cosa fai?
· Rispondi ai singoli mail seguendo l‘ordine di arrivo.· Sei concentrato sul primo mail e sul problema molto interessante e complesso. I 100 mail nuovi li guardi poi.
· Dai un’occhiata ai 100 mail e scegli di rispondere a quelli che ti sembrano più interessanti.
SUGGERIMENTO: A mio parere, il procedimento giusto
è questo:
·
Leggo tutti i mail· Rispondo identificando le priorità (in termini di importanza non per me e per quello che mi interessa, ma, ahimè, per quello che è importante per gli altri, i clienti, l’azienda, quelli che alla fine giustificano lo stipendio che ti pagamo) MA
· A prescindere dalle priorità, anche se stai facendo un lavoro complesso ed importanti, rispondi subito ai mail per cui conosci la risposta e la risposta è semplice e immediata (15-20 minuti di tempo max per rispondere). Tu ti rilassi per 15-20 minuti lasciando per un attimo il lavoro su cui ti stai spaccando la testa e stupisci/fidelizzi il cliente con la rapidità della tua risposta (che per te è semplice ma magari risolve al cliente un problema che per lui era mportante e angosciante). Hai conquistato la fiducia di un cliente, di un collega e hai contribuito a risolvere un problema.
CONCLUSIONE (ovviamente schematica): Sapere le risposte è CONOSCENZA, Sapere gestire le
priorità sulla base delle esigenze degli altri e non delle nostre, sapere come utilizzare le conoscenze per comunicare e rispondere a clienti e colleghi è COMPETENZA
© marco bianchi – riproduzione
riservata 2017
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