martedì 9 gennaio 2018

NEOLAUREATI IN GIURISPRUDENZA: MA COSA FA UN GIURISTA D’IMPRESA?

Chiedo scusa a tutti quelli che hanno seguito un diverso corso di laurea, ma, per una volta, rispondo a una domanda specifica di un singolo corso di laurea, Giurisprudenza. Lo faccio anche perché la domanda (e la risposta) sono direttamente correlate con la mia esperienza professionale.
Come è noto un neolaureato in Giurisprudenza teoricamente ha di fronte a sé diversi percorsi professionali, Avvocato (Penalista, Civilista, Amministrativista, di tutto un poco, Studio Legale piccolo, Studio Legale grande, Studio  Legale Internazionale), Magistrato, Notaio, Giurista d’Impresa. Come tutti sappiamo nella pratica quale che sia la nostra scelta il percorso professionale è orto di ostacoli, di Avvocati ce ne sono troppi, poi bisogna fare la pratica (di solito sotto o per nulla pagata), poi bisogna superare l’esame di stato (per non parlare del percorso di chi vuole fare il Magistrato o il Notaio….)

LA DOMANDA: Ma che cosa fa un giurista d’impresa? La domanda sembra semplice ma è forse la risposta ad essere abbastanza complessa, o meglio per rispondere ci si potrebbe forse scrivere un libro.

LA RISPOSTA: Cerco di rispondere con una serie di considerazioni, ovviamente del tutto personali e quindi del tutto opinabili:

1. Che cosa fa un giurista d’impresa? Non si può generalizzare, direi che anche dipende 


1.1. dal settore merceologico dove opera la società per cui si lavora. Se lavoro per una società che opera nel fotovoltaico, per prima cosa dovrò diventare un esperto della normativa applicabile in quel settore (magari complicandomi ancor di più la vita se la società opera anche all'estero, in quanto in tal caso dovrò cercare di avere una comprensione delle eventuali normative locali). Se lavoro nel farmaceutico mi disinteresserò di tutto quello che riguarda il fotovoltaico e diventerò un esperto nella normativa relativa ai farmaci Attenzione ciò non vuol dire essere un iperspecialista quanto avere delle preferenze / delle priorità salvo poi avere un metodo per gestire il ruolo di tuttologo che prima o poi ti tocca assumere (perché come dirò più sotto in realtà il cliente interno, più o meno consciamente, pretende che, in quanto avvocato, tu sappia rispondere a qualsiasi “dubbio legale” che gli si para davanti, qualunque sia la branca del diritto da applicare).


1.2. dalle dimensioni del Dipartimento Legale. Se sei da solo sei un tuttologo per definizione. In un grande Dipartimento Legale necessariamente si finisce per adottare una qualche forma di ripartizione delle competenze. Formalmente si può adottare una ripartizione per competenza geografica (io mi preoccupo dei problemi legali di quelli del Mercato Italia, tu di quelli dei Mercati dell’Est-Europa), per tipologia di prodotti, per funzione aziendale. Oppure una ripartizione informale, perché inevitabilmente ogni avvocato, anche solo per carattere o per sue preferenze personali di solito riesce meglio in una certa cosa e quindi diventa “l’esperto” di quel dato argomento.

2. Ferma restando la preminenza in un certo settore / in un certo ambito, di solito si finisce per fare un poco di tutto (a differenza di quel che può accadere in uno studio non si può rispondere a un cliente interno “no qui non ci occupiamo di Diritto Industriale o di Diritto del lavoro e quindi vada da un altro Studio Legale). Io nella stessa società mi sono dovuto occupato (e l’elenco non è esaustivo, “including but not limited to” come direbbe un avvocato anglo-sassone) di contratti internazionali (ambito preferito), antitrust, sicurezza sul lavoro, 231, Diritto Fallimentare, diritto penale d’impresa, normativa sull’energia, normativa pubblicitaria, normativa in tema di smaltimento dei rifiuti.

3. Da uno Studio si va per avere un parere legale, dal legale interno ci si va perché si ha un problema, legale spesso in senso lato, e si cerca una soluzione, e/o fare del brain storming (e/ per passare il problema, e le relative responsabilità, a qualcun altro). Tanti avvocati d’impresa si paragonano ad un dottore (alcuni pensano allo psichiatra, io preferisco pensare al medico generico che immediatamente dopo un paziente con il raffreddore si vede entrare un tizio che probabilmente ha una rarissima malattia tropicale: deve sapere come risolvere il problema di entrambi).

4. A differenza di quel che accadere in uno Studio, di solito i junior lawyer non fanno back office ma fanno quasi subito il front-office con i clienti interni (riduzione costi = risorse scarse = "vai e dimostra quello che sai fare").

5.In estrema sintesi l'avvocato d’impresa deve essere in grado di identificare e soppesare i rischi insiti nelle attività e nelle iniziative della società, cercando di attenuarli (prevenire è meglio di curare – il contenzioso di solito non è una soluzione da suggerire), avendo peraltro la consapevolezza, e trasmettendola ai clienti interno, che i rischi non si possono eliminare completamente (l’alea imprenditoriale …). In aggiunta l'avvocato d’impresa molto spesso, nella sostanza se non nella forma, deve prendere decisioni che a ben guardare dovrebbero riguardare il business.

6. Tutto quanto sopra è valido a condizione che il capo per cui lavori non intenda diversamente il ruolo del Giurista d’’Impresa, limitandosi a fare il passacarte agli Studi Legali esterni (ho visto anche questo): molto comodo per il capo ma noiosissimo per quelli che da Lui/Lei dipendono (ma in questi tempi le società stanno attente ai costi e probabilmente anche i passacarte non hanno vita facile ….)


© marco bianchi – riproduzione riservata 2017


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