lunedì 3 ottobre 2011

CHIARIAMO L'EQUIVOCO SUL SIGNIFICATO DI "FORMAZIONE POST-UNIVERSITARIA" QUANDO RIFERITO AGLI STAGE IN AZIENDA

Qualche giorno fa ho letto un commento appena pubblicato su FB ad un commento che avevo fatto nel Dicembre 2010 ad una intervista che il Ministro Meloni aveva in allora rilasciato sulla spinosa questione degli stage "a gratis"
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IL MIO COMMENTO:
"Peccato che la Ministra non si sia dichiarata d'accordo sull'unica vera modifica che sarebbe necessaria per porre fine agli stage "a gratis": imporre un rimborso minimo obbligatorio- Dei 500.000 stage stimati nel 2010 circa la metà sono a gratis........"

IL COMMENTO AL MIO COMMENTO:
“chiedere denaro per fare il tirocinio è come legittimare il ddl a far svolgere allo stagista anche mansioni non propriamente formative. Le pare giusto essere pagati per imparare? Un po sussiegosa come richiesta non le pare? IO AZIENDA devo ...pagare un tirocinante che non sa lavorare (parliamo di beneficenza o di business??). Uno no sa svolgere un certo lavoro, trova un ente che lo istruisce e vorrebbe anche essere pagato?? Mi sono perso qualcosa? Come dice il ministro il punto è che chi fa tirocinio deve capire se le richieste che gli vengono mosse violano o meno l'accordo formativo.

LA MIA RISPOSTA:
Premetto che ho iniziato ad offrire stage (pagati) nel 1992. Ciò detto direi che abbiamo un modo diverso di declinare il concetto di formazione. Formazione post universitaria non è (o non è solo) stare dietro un banco con un docente che ti illumina.
La formazione in azienda deve soprattutto consistere di esperienza che viene maturata applicando le conoscenze acquisite in Università ad un caso concreto (nel parlare comune tale attività viene sinteticamente definita "lavorare").
Nella pratica funziona così: qualcuno mi chiede un parere su qualcosa ed io passo il problema al tirocinante. La prima volta il tirocinante fa un casino, mi tocca rifare tutto, e io spiego al tirocinante che cosa non funzionava nel suo modo di approcciare il problema, la seconda volta va un po’ meglio, La terza va bene e dico al tirocinante che va bene, più o meno, e aggiungo  “rispondi tu al cliente!. La quarta volta il cliente va direttamente dal tirocinante gli pone il problema ed il tirocinante risponde (se ha bisogno / dubbi / brain storming chiede a me). La complessità dei problemi sottoposti  cresce di volta in volta.  Dalla quarta volta in poi il tirocinante lavora (svolge una funzione utile a chi gli ha offerto il tirocinio) e quindi non vedo perché non debba essere pagato / ottenere un rimborso spese decente”.

CHIARIAMO L’EQUIVOCO
A mio modo di vedere chi mi ha commentato equivoca sul significato del termine “formazione”, quando riferito alle esperienze post-laurea (ma lo stesso discorso vale per i tirocini curriculari, quelli svolti durante l’Università). L’equivoco consiste nel supporre che la formazione sia soltanto top-down, uno insegna e gli altri imparano quello che gli viene insegnato(che peraltro è quello che succede in Università). Lo scopo della formazione post laurea, ed in particolar modo  dei tirocini, dovrebbe essere diverso da quello della formazione così come viene intesa durante il periodo Universitario, e dovrebbe consistere nell’insegnare ai tirocinanti come applicare al caso pratico le conoscenze che hanno già acquisito (e come dico nella mia risposta alla fine ciò si traduce nel fatto che il tirocinante, sotto la guida di chi ha più esperienza, lavora, e se lavora e crea quindi un’utilità per chi gli ha offerto il tirocinio,  sarebbe giusto riconoscergli  un qualche tattile corrispettivo)

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